AGCI PIEMONTE

  

Mercoledì, 21 Giugno, 2023

Destinazione Terra 2100 – Il Festival dei Futuri Possibili

Si è svolto nei giorni 15 – 16 – 17 giugno a Sangano (TO) il Festival: “Destinazione Terra” - Il festival dei futuri scenari possibili - è una sfida lanciata a coloro che credono di poter fare la differenza per il futuro della terra e delle nostre comunità. 

Il futuro è una porta girevole e le scelte di oggi possono aprire scenari diversi domani.

“DESTINAZIONE TERRA 2100 - IL FESTIVAL DEI FUTURI POSSIBILI" è una sfida, la sfida di chi vuole affrontare temi sempre più attuali per il futuro del nostro Pianeta - dalle fonti di energia rinnovabile, alle Comunità Energetiche, alla tutela dell'ambiente - coinvolgendo non solo esperti e istituzioni ma tutti i cittadini interessati, a partire dai bambini, che rappresentano il vero futuro della Terra.

L'iniziativa nasce per condividere tutte le conoscenze e le esperienze che le amministrazioni comunali, professionisti e semplici appassionati stanno maturando su questi temi, al fine di facilitarne l'attuazione.

Obiettivo comune: lavorare per dare alle nostre Comunità il futuro che meritano.

Le Comunità dell’Energia Rinnovabile (C.E.R.) sono un modello locale di Comunità finalizzate alla produzione e all'autoconsumo di energia prodotta da fonti rinnovabili.

Nel processo di transizione energetica e di decarbonizzazione dell’economia che è già stato messo in atto, le C.E.R. possono essere considerate un modello di innovazione che rende i cittadini e le istituzioni protagonisti di azioni di contrasto al cambiamento climatico, come strumento di democrazia e di solidarietà sociale e come esempio virtuoso di uno sviluppo basato sulla cooperazione.

AGCI Piemonte ha collaborato sin dall’inizio con il Comune di Sangano per sviluppare ed individuare il soggetto giuridico appropriato.

E’ stata individuata, nella cooperativa di comunità, il soggetto giuridico più idoneo. Tutto ciò favorito da una legge regionale che ne istituisce l’albo delle cooperative di comunità.

Le varie tavole rotonde della tre giorni si sono interrogate sulle comunità energetiche in Italia.

Sapendo che il Pnrr stanzia 2,2 miliardi per lo sviluppo delle comunità energetiche nei piccoli centri, con l'obiettivo di promuovere la diffusione delle fonti rinnovabili e il benessere sociale, il ministro Pichetto immagina 15mila comunità in Italia, ma i numeri attuali sono molto più bassi.

Per rendere desiderabile la transizione ecologica a quante più fette di popolazione possibile, i governi stanno insistendo non solo sui benefici climatici di questo processo, ma soprattutto sui vantaggi economici che saprà garantire.

L’abbandono dei combustibili fossili in favore delle fonti a basse emissioni – così dicono presidenti e ministri in Europa e negli Stati Uniti – non è soltanto spese di riconversione, lacrime e sangue; è innanzitutto occupazione, crescita e anche risparmio.

Uno degli strumenti elaborati nell’Unione europea per diffondere la convenienza della transizione tra i cittadini sono le comunità energetiche rinnovabili. Si tratta di gruppi di soggetti – persone fisiche, piccole e medie imprese, enti locali, istituti religiosi – che si associano per condividere l’energia autoprodotta da fonti rinnovabili. Il fine ultimo, come spiega Bruxelles, è la creazione di “benefici ambientali, economici o sociali”. Nelle intenzioni, dunque, le comunità energetiche vanno oltre il risparmio in bolletta (garantito dal minor prelievo di elettricità dalla rete) e si propongono come mezzi di contrasto dei cambiamenti climatici e della povertà energetica, nell’ottica di una transizione “giusta” per l’ambiente e per la coesione sociale.

Le comunità energetiche sfruttano le peculiarità delle fonti rinnovabili per espandere la partecipazione al mercato degli utenti finali, che diventano prosumer, consumatori e produttori di energia allo stesso tempo. Le comunità energetiche possono essere tante e sparse sui territori perché anche le fonti rinnovabili lo sono: mentre la generazione termoelettrica da combustibili fossili è centralizzata, cioè posizionata in pochi siti di grandi dimensioni, la generazione rinnovabile è invece distribuita, ossia localizzata in molti punti con impianti spesso di piccola taglia. Da una parte una centrale a gas da migliaia di megawatt e un’estensione di centinaia di ettari, insomma; dall’altra un modesto pannello solare sul tetto di casa.

Tutti i numeri delle comunità energetiche in Italia

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) stanzia 2,2 miliardi di euro per la promozione delle comunità energetiche nei comuni con meno di cinquemila abitanti, per rilanciarne lo sviluppo e mitigare le situazioni di vulnerabilità economica. L’obiettivo – ma il processo deve ancora partire – è arrivare al giugno 2026 con almeno 2000 MW di capacità rinnovabile installata e una produzione di 2500 GWh. Secondo il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, in Italia nasceranno 15.000 comunità energetiche. Stimarne il loro numero attuale non è semplice, perché si tende a confonderle con i progetti di autoconsumo collettivo (un condominio che si alimenta con i propri dispositivi fotovoltaici, ad esempio) quando in realtà hanno una struttura e una finalità diverse (sono più estese, mirano all’inclusione sociale e non vincolano l’utilizzo dell’energia alla proprietà dell’impianto).

Stando all’ultimo rapporto trimestrale Energia e clima in Italia del Gse, pubblicato a maggio, alla fine del 2022 risultavano quarantasei configurazioni di autoconsumo collettivo e ventuno comunità energetiche rinnovabili, per una potenza di 1,4 MW. Sono numeri ancora piccoli rispetto ai target e alle ambizioni, ma ci si aspetta che cresceranno molto una volta che le autorità europee avranno finito di valutare il decreto presentato dal governo lo scorso febbraio. Il testo non prevede solo sostegni economici, ma fornisce alle comunità energetiche una sistemazione normativa più chiara e completa che al momento manca. Tra le altre cose, viene alzato a 1 MW il limite di potenza per ciascun impianto incentivabile – è possibile associarne di più, a patto che non superino questa capacità –, in modo da abilitare tecnologie rinnovabili diverse da quelle fotovoltaiche, che rimangono comunque le più semplici da collocare.

Oltre ai piccoli comuni supportati dal Pnrr, anche le grandi città stanno valutando i benefici delle comunità energetiche e organizzando i primi progetti. A Milano dovrebbero nascerne due, alla Ghisolfa e a Chiaravalle; due pure a Firenze, nei quartieri 4 e 5, e una a Torino, in zona Mirafiori Sud. 

Roma ne immagina quindici, per coprire ogni municipio, e Palermo dodici.

La Regione Emilia-Romagna vorrebbe invece attivare quarantuno comunità di energia rinnovabile entro il 2027 e ha già realizzato un’analisi degli ostacoli principali al loro sviluppo. Le criticità riscontrate sono principalmente di tipo normativo e tecnico. I cittadini sono scoraggiati dalle procedure autorizzative e associative, che giudicano lunghe e complesse. Spiegano inoltre di avere difficoltà ad analizzare il rapporto costi-benefici dell’investimento – se il ritorno è troppo lontano, l’interesse tende a scemare – e a calcolare il loro fabbisogno elettrico, un dato necessario alla scelta di impianti dalla potenza adeguata.

La comprensione delle problematiche può fare tuttavia da stimolo all’offerta di soluzioni tecnologiche. Per esempio, si potranno sviluppare – come sta avvenendo: è il caso del simulatore Recon dell’Enea – strumenti predittivi in grado di stimare la resa energetica degli impianti di una comunità energetica, i loro costi, i risparmi e anche i ricavi che sapranno garantire in caso di rivendita del surplus elettrico alla rete. Ma anche piattaforme di energy management per monitorare i livelli di produzione e consumo e per agevolare la redistribuzione dei benefici tra i partecipanti alla comunità.

Le comunità energetiche, infine, potranno dare un contributo al grande “sistema” della transizione ecologica, che non può poggiarsi sull’autoconsumo ma ha bisogno di grossi impianti rinnovabili capaci di immettere parecchia energia in rete. L’infrastruttura elettrica dovrà farsi sia più larga per raggiungere la capacità distribuita sul territorio nazionale, sia più robusta per gestire l’intermittenza della sempre maggiore produzione eolica e solare, che non è continuativa e prevedibile ma dipendente dalle condizioni meteo. Per garantire il bilanciamento tra offerta e domanda servono allora i cosiddetti “servizi di flessibilità” come i sistemi di accumulo, ovvero le batterie. Le comunità energetiche, attraverso l’immissione di elettricità in rete e le loro capacità di stoccaggio, potranno collaborare all’immensa rivoluzione della sostenibilità.